Ovvero, « noi saremo salvati ». Era l’altro giorno, l’indomani dell’elezione che ha cambiato il mondo, (o perlomeno che l’ha unito davanti agli schermi), che chiaccheravo con uno dei ragazzi che frequentano il centro, uno di quelli giovani, belli e affamati, perché l’abbronzatura ce l’hanno già naturalmente. Quattordici anni, orfano di madre, famiglia tutto sommato presente pur tra varie difficoltà economiche, che comunque gli permettono di andare a scuola con una certa regolarità. Appartiene dunque a quella categoria di ragazzi che ha una qualche idea abbastanza confusa del mondo che lo circonda e una senzazione abbastaza precisa di esserne escluso.
Era qualche settimana che non si faceva vedere, cosi’ l’altro giorno, passato per fare quattro chiacchere, inevitabilmente il discorso é finito sulle elezioni americane : ho dovuto spiegargli che no, non tifavo McCain perché era bianco, e che sicuramente Obama aveva ricevuto anche i voti dei bianchi, altrimenti non sarebbe stato eletto.
E qui é arrivata la frase che mi ha fatto riflettere, quella del titolo, quel noi saremo salvati perché é nero (leggasi africano) come noi. Li per li ho sorriso del parallelo istintivo che un po’ tutti qui hanno fatto, nero=africano, arrivato pero’ a comandare una nazione bianca.
Immediatamente ho cercato di spiegargli che non funziona proprio cosi’, non é la pelle che conta in questo caso ma il passaporto, un americano figlio di immigrati (come tutti gli americani al di la’ di uno sparuto gruppo di nativi) che lavorerà per gli interessi dell’America, chissà se bene o male, con un occhio agli altri paesi del mondo, gialli neri o bianchi che siano, o solo agli interessi dei propri compatrioti.
D’altra parte il parallelo colore della pelle/continente l’abbiamo fatto un po’ tutti, altrimenti non si spiegherebbe perché i giornalisti si siano interessati tanto della nonna del Kenya e poco o punto di quella del Kansas, balzata agli onori delle cronache solo per il tempismo della dipartita.
E’cosi’ grave ? Se gli afroamericani avevano le lacrime agli occhi, non era certo perché era stato eletto un democratico, ma piuttosto un fratello di sangue, di soprusi, di oppressioni.
E come dargli torto, soprattutto se quei neri erano ancora tra quelli costretti a sedersi in fondo al pullman, a entrare nelle università sotto scorta, a doversi scagionare dalla polizia per il solo fatto di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Ora moltiplichiamo questi abusi per cento, mille volte, aggiunciamoci secoli di schiavismo, lavori forzati, mani tagliate, e mettiamoci pure i recenti decenni di guerre post indipendenza, di sfruttamento di risorse a scapito dei locali, di carestie e tutta la costellazione di cose che tutti conosciamo da sempre. Beh, come togliergli il diritto allora di dire « nous serons sauvés ! », da oggi lassu’ in cima c’é uno di noi, alla faccia di tutte le maledizioni bibliche e pseudo razziste, e che domani cominci pure a fare il presidente, noi la storia l’abbiamo vista cambiare.
Un augurio direttamente dalla R.D.C. va quindi al presidente eletto degli Stati Uniti Barack Hussein Obama, che non si dimentichi mai nello svolgimento della sua missione di tutto quel mondo nero, bianco o giallo che sia, che non ha attraversato l’oceano come fece suo padre; che anche loro possano godere un po’di pace e prosperità.