martedì 9 giugno 2009

Kin (o King) la belle


Kinshasa somiglia ad una bella donna, elegante e sofisticata, allungata pigramente sulla sponda del grande fiume da cui occhieggia sorniona la sua gemella minuta, la piccola Brazzaville.
É un fatto che ogni città su di un grande fiume venga sempre paragonata ad una donna pigramente distesa ad occhieggiare, come se le donne al fiume non facessero altro che quello; ci si dimentica secoli di panni lavati e acqua portata sulla testa. Sarà che la città é donna, di nome e forse anche di fatto, cosí complicata e incomprensibile; almeno per gli uomini, che da sempre battezzano con il nome delle proprie paure.
Mi piacerebbe dunque potermi adagiare sul facile cliché, perché in fondo in fondo quante città non ci dicono niente, ci passano davanti o ci passiamo dentro come telespettatori e a distanza di anni "..si..!" Mi ricordo la tal cosa ma chissa dove é avvenuta, una città come sfondo del nostro mondo ma non del suo, città che non esiste quindi, e chissà se c’era il mare dietro quella volta che leggevo la gazzetta o era in un bar di Milano; e anche se ci ricordiamo il posto non é l’architettura che conta, quello che ci colpí l’avevamo in testa, quel giorno.
Kinshasa sta sul fiume, quindi. Madre di milioni di figli, assurta al ruolo di capitale partendo dal suo essere villaggio solo in funzione della posizione, che cosí stava bene ai belgi e tanto bastava.
Madre scelta da un padre invasore che ne aveva provate altre, concubina involontaria ma non matrigna. Porta ancora le cicatrici del matrimonio finito, e per questo la si guarda con pietà, come farebbe appunto un figlio con gli occhi neri che il papà fà alla mamma quando torna a casa ubriaco. Sta sul fiume ma non si bagna più, se non accidentalmente. (E qui i parallelismi con le donne, almeno con alcune, si sprecano). Alte mura la separano dal suo fiume, quell’arteria che ne ha giustificato la nascita e l’esistenza, e adesso non si guardano nemmeno. Kinshasa guarda al di là del mare la terra di quell’amante che sí la picchiava, sí l’umiliava e forse ne rideva con gli amici, ma almeno facevan vita mondana, per un poco han fatto parte del bel mondo. E non importa se per farlo ha dovuto tagliare le proprie radici, se ora si trova in un paese che non la riconosce più e che non sa più riconoscere, esiliata in un angolo della stanza dove i figli fanno un casino tale ma che gli arriva comunque ovattato. A lei non resta che qualche vecchia storia da raccontare, qualche sera dove indossare la minigonna in ricordo dei vecchi tempi e uscire a ballare, ma intanto é rimasta a casa con una nidiata di affamati ed é sola e stanca. Una specie di ex cantante pop anni ottanta, ma senza lifting a supportare l’operazione nostalgia.
Io non sono nato qui, e non condivido l’allegria che i Kinois riescono tutto sommato a mantenere: possibile solo se ci si dimentica dell’impegno civile, dello stato sociale, dell’ambiente, della salute, della pace. Possibile solo se si é nati Kinois, popolo di egoisti generosi, incapaci di pensarsi come società, come collettività di intenti, ma capaci altresí di grandi slanci individuali, gesti di umanità isolati. E dire che un certo parallelismo con gli italiani si intravede.
Un giorno ho sentito definire Kinshasa una città mostro: Kin come King, il mostro dal lato umano ma dall’aspetto spaventoso, capace allo stesso tempo di ammazzare un passante e di amare teneramente una bionda. Dilaniato dalle due anime, sappiamo che fine ha fatto: sperando che la comunanza di temperamento non significhi una comunanza di destini.
Personalmente odio Kinshasa di quell’odio tenerissimo che io, incapace di perdonare le persone infelici, riserverei ad un genitore che ha buttato via il meglio della sua gioventù e ora si strugge senza lacrime; che nasconde i suoi sogni passati con senso del ridicolo.
Ti passeró a trovare ogni tanto, se vuoi, ti vorró sempre bene, ma non potró viverti accanto.
Mi spiace.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

L'artista non finisce mai di stupirci! Un fortissimo abbraccio Francesca

Cesco ha detto...

Caro Dario,forse sei toppo severo con la "povera" Kin la Belle sedotta ed abbandonata quando era giovane e bella ma, devi sapere che le donne con poca stima di sè si innamorano sempre di chi le farà soffrire.
si è vero non fà niente per i suoi tanti figli e si piange addosso ma voglio sperare che in futuro qualche nipote gli ridia la voglia di vivere e di farsi bella
ciao a tè e Marilena

Anonimo ha detto...

PERCHE IL MALE AVANZI BASTA CHE GLI UOMINI BENE NON FACCIANO NIENTE
ciao, Antonella